Mi riallaccio a quanto detto dal Sindaco di Amatrice. Se noi guardiamo quello che è successo a L’Aquila dopo 11 anni e quello che accade ad Amatrice, non possiamo non tenere in considerazione che di 80mila richieste di contributi per riqualificazione di edifici privati ad oggi è stato realizzato solo il 2%. I soldi ci sono ma abbiamo il problema di un quadro normativo troppo rigido rispetto alle esigenze specifiche della ricostruzione ed anche una classe burocratica che deve essere fortemente innovata, motivata e rimpinguata per sostenere lo sforzo di esaurire quelle pratiche in tempi ragionevoli.
Questo aspetto deve essere tradotto in strumenti come la programmazione. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere grande collaborazione con il Dipartimento della Presidenza del Consiglio “Casa Italia”, essendo comune ad alto rischio sismico. I rischi li abbiamo tutti: quello sismico e quello idraulico per la presenza di due corsi d’acqua importanti, il fiume Liri e il fiume Fibreno. Abbiamo anche vaste aree di zone R4, ossia ad alto rischio di dissesto idrogeologico.
Avere la possibilità di questo piccolo cantiere che sia una sorta di scuola per gli operatori edili dei nostri territori è una ricaduta importantissima sia perché abbiamo una grande tradizione costruttiva sia perché le nuove tecniche edilizie devono essere implementate ed adeguate anche a quella che è la filosofia dell’intervento che possa riqualificare uno spazio, lasciando in tempo di pace gli abitanti nella propria residenza con il cosiddetto “sistema del cantiere leggero”.
Con ActionAid abbiamo svolto un grande lavoro su un’importantissima opportunità che abbiamo colto: implementare i Comitati di quartiere che avevamo istituito all’inizio della nostra Amministrazione e che oggi sono organici all’Amministrazione stessa. Collaborano nei momenti decisivi, in alcune scelte, chiaramente non quelle di principale importanza, ma quelle che provengono dalle istanze dei singoli territori per far capire l’importanza della percezione del rischio sismico di una città e per avere consapevolezza che questo rischio può essere veicolato nei modi opportuni, portando tutte quelle conoscenze necessarie all’interno dello strumento cardine della Protezione Civile: il Piano di Emergenza Comunale. Il Piano, rispetto a quegli scenari ipotetici non solo quello del rischio sismico, deve essere conosciuto e, di volta in volta, essendo un documento aperto, integrato attraverso il lavoro importante della partecipazione che è stato il cardine di questa esperienza e che rientra nelle linee guida che, mi auguro davvero, siano uno strumento importante per il decisore politico“.